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Programmi Radioscuola

5. 3 Il Radioprogramma per la radioscuola

 

Già nel 1933, durante la prima fase sperimentale, il Radioprogramma conteneva una pagina dedicata alla radioscuola: consisteva in una presentazione delle lezioni e illustrazioni aventi lo scopo di aiutare gli studenti nell’ascolto.

Anche i docenti vennero aiutati: presentando in anticipo le lezioni, potevano preparare altro materiale sull’argomento e organizzarsi meglio; inoltre veniva loro indicato come orientare la radio per ottenere la massima ricezione, di effettuare prove almeno un ora prima dell’ascolto, di non raggruppare più di 40 alunni alla volta ed anche di mettersi in disparte durante la trasmissione per lasciare che i ragazzi si formassero una propria opinione personale.

Il DPE si impegnò per fare in modo che tutte le scuole ricevessero gratuitamente una copia per classe del settimanale: l’impegno profuso da questo dipartimento per la scuola in primo luogo, ma anche per un mondo ancora incerto come quello radiofonico fu veramente senza riserve.

Il Radioprogramma pubblicava anche i resoconti dei questionari distribuiti alle scuole, con relativi indici di gradimento degli argomenti e delle materie. In questo modo eventuali difetti o problemi sarebbero emersi e, con un confronto tra docenti e responsabili della Radioscuola, sarebbero stati risolti.

Per concludere, appare da subito molto chiaro che in Ticino il Dipartimento della Pubblica Educazione diede molta importanza al nuovo mezzo di comunicazione, soprattutto rispetto alle iniziative analoghe esistenti nel resto della Svizzera.

Questo è stato possibile grazie alla partecipazione attiva del DPE alla stesura dei programmi: nel resto della nazione infatti le autorità scolastiche furono piuttosto indifferenti (quando non dichiaratamente ostili) ad attività di questo genere.

Il cammino della Radioscuola sarebbe continuato fino al 1993, quando smise di realizzare e mandare in onda le proprie lezioni, diventando un Ente che si occupava di indicare alle scolaresche quali trasmissioni della Radio Svizzera italiana potessero avere utilità scolastica.

 

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Tutti a Scuola

5. 2 Tutti a scuola

Ben presto l’azione di fornire apparecchi alle scuole si allargò anche all’ ambito nazionale. Nel 1935, con la nascita dell’iniziativa “La radio ai montanari”, si cercarono fondi per permettere l’acquisto di radio anche alle isolate scuole di montagna, con lo scopo di non abbandonare alla solitudine – soprattutto dei periodi invernali – queste piccole realtà.

Il fatto importante e innovativo era che tutta la popolazione poteva ascoltare (con la saggia clausola che la radio non abbandonasse l’edificio scolastico) le varie trasmissioni offerte da Radio Monte Ceneri.

Con questo nuovo scopo la Radio della Svizzera italiana stava attraversando un importantissimo cambiamento: non si trattava più di uno strumento didattico per le sole scuole, ma di un importante “finestra” sul mondo che permetteva a tutti di poter conoscere realtà diverse dalla propria, semplicemente entrando in un edificio scolastico.

In pochi anni il numero di scuole che si dotarono della radio crebbe considerevolmente : ed è un dato significativo se si pensa che da un inchiesta, svolta in un periodo di poco precedente alla nascita della Radio Svizzera italiana, si scoprì che 140 scuole avevano una scarsa illuminazione, 85 erano dotate di un riscaldamento insufficiente, 164 non avevano nemmeno l’acqua potabile e 240 avevano servizi igienici estremamente carenti.

Per non parlare poi dell’ispezione eseguita nel 1949 in tutti i Comuni (e relative famiglie) del Ticino che rivelò solo un 10 percento di abitazioni in cui si poteva trovare una doccia o una vasca da bagno, ma allo stesso tempo anche un 65 percento di famiglie che possedevano una radio.

Nel 1937 venne lanciata una nuova sottoscrizione della “radio ai montanari”, ma stavolta la raccolta dei fondi sarebbe stata differente: non più attraverso donazioni o collette, ma grazie al lavoro dei ragazzi delle scuole maggiori ticinesi, che grazie alla vendita di cartoline illustrate contribuirono direttamente all’iniziativa, ottenendo un buon successo.

Dopo i primi periodi di prova e sperimentazione, si attestarono delle linee guida su ciò che funzionava meglio per la programmazione: vennero preferite le lezioni a “radioscena” – ovvero quelle drammatizzate e con un certo tipo di recitazione – mentre andavano evitate quelle “espositive” a causa della noia che suscitavano nei ragazzi.

Lo scopo ultimo di questa attività radiofonica comunque, a detta di Valter Bianchi, era quello di diffondere valori come rispetto, fratellanza e pace attraverso una funzione educativa e non di mero supporto tecnico-formativo.

 

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Radioscuola

5. 1 Radioscuola: una “missione”culturale

Ella ha già compreso che cosa io mi attendo dalla Radio della Svizzera Italiana: ch’essa sia organizzata in cotal guisa da diventare un coefficiente di penetrazione educativa e culturale nella scuola ticinese, mediante l’emissione di programmi adatti alle menti e al cuore della nostra gioventù e importanti ai sensi delle più nobili idealità umane

Queste parole pronunciate dal direttore della RSI Vitali a Enrico Celio , non lasciano molti dubbi sullo scopo che la Radio della Svizzera italiana si era prefissata: dare la possibilità agli abitatori delle zone più isolate di poter accedere alla modernità ed inoltre, offrire ai ragazzi di quelle stesse zone la possibilità di aumentare, anche se non considerevolmente, la loro formazione scolastica.

Come si diceva nella prima parte del lavoro, il Ticino degli anni trenta era attraversato da una crisi economica, alto tasso di disoccupazione e diminuzione dei salari, quindi si potrebbe pensare che l’acquisto di un bene di lusso come la radio fosse una grande difficoltà anche per le scuole: se si calcola inoltre che in quegli anni un operaio o un impiegato guadagnavano intorno ai 250 franchi al mese, mentre un apparecchio di medie prestazioni costava dai 250 ai 300 franchi, arrivando fino a 450 per averne uno di buona qualità, appaiono evidenti le difficoltà a cui il ceto medio andava incontro per ottenere il nuovo ritrovato tecnologico.

Grazie ad un saggio del 1995 su questo argomento, apprendiamo invece che in quegli anni si assistette ad un vero e proprio boom delle vendite dell’apparecchio radiofonico: emerge inoltre che la radio fosse più diffusa del telefono, nonostante le caratteristiche più interattive di quest’ultimo.

Le strategie di vendita furono così efficaci da far promuovere l’acquisto di un bene di lusso ritenuto da molti come superfluo e dannoso a causa della sua forza “seduttrice”.

Tornando al discorso educativo, nel 1932 alcune trasmissioni di carattere scolastico vennero trasmesse dall’emettore di Beromünster. In Ticino, poco dopo, il Dipartimento della Pubblica Educazione (DPE) chiese all’EARSI di studiare e preparare delle trasmissioni analoghe.

Come si capisce osservando la citazione iniziale, la Radio Svizzera accettò di buon grado il compito assegnatole. Si arrivò nel periodo tra il 3 e il 19 maggio dell’anno successivo a diffondere col radiotelefono un ciclo di dieci lezioni sperimentali, curate dal prof. Valter Bianchi : gli argomenti trattati spaziavano dalla geografia alla storia locale, dalla tecnologia alle professioni passando anche per la letteratura dialettale ticinese .

I problemi di ricezione di queste trasmissioni, legate ancora al radiotelefono, erano costanti. Da un lato la struttura geofisica stessa del territorio (ricco di valli e montagnoso) non era molto adatta a ricevere l’onda della stazione Radio; dall’altro bastava una telefonata per interrompere la ricezione.

Nonostante queste difficoltà l’esperienza fu valutata molto positivamente e gli organi competenti decisero di dare un seguito a questi “esperimenti”. Il biennio 1933-35 fu fondamentale per l’organizzazione e il regolamento delle emissioni scolastiche , le quali diverranno in breve tempo una delle trasmissioni più amate nella Svizzera italiana, grazie al contributo fondamentale del DPE.

Questi, nel 1934, inviò un questionario alle scuole che chiedeva di rispondere a domande relative a qualità della ricezione, qualità dell’apparecchio posseduto e impressioni generali della classe sulle lezioni .

Un punto molto importante che da subito venne chiarito fu quello di non trattare, nelle trasmissioni, argomenti già previsti dai programmi scolastici: la radio serviva come complemento e arricchimento, non come sostituzione dei libri, o peggio, degli insegnanti. Inoltre emerse che era preferibile utilizzare trasmissioni a “tema unico” poiché lasciavano, a detta dei diretti interessati, più stimoli e ricordi profondi.

Con l’avvento di nuovi apparecchi radio nelle scuole, in sostituzione dei modelli precedenti , la situazione cambiò in meglio. Infatti fra il 1934 e il 1937 il Cantone e i comuni rifornirono 150 scuole di apparecchi radiofonici e si assunsero anche l’onere delle spese di riparazione, piuttosto frequenti.

Inoltre il DPE si impegnò a pagare la tassa di audizione (tassa da versare all’amministrazione delle Poste dei Telegrafi e dei Telefoni – PTT – per poter ascoltare le trasmissioni) riuscendo ad ottenere una tariffa speciale per le scuole, le quali dovevano però limitarsi al solo ascolto dei programmi educativi.

Nonostante le facilitazioni per l’acquisto e le varie agevolazioni finanziarie, alcuni Comuni rifiutarono comunque questa spesa considerata costosa e inutile.

Come ulteriore prova dell’importanza che il DPE dava alle trasmissioni radioscolastiche, ho riportato in appendice il testo de “L’inaugurazione del nuovo ciclo radio-scolastico della Svizzera italiana” del 11 novembre 1934 presentato proprio dal capo del Dipartimento cantonale della Pubblica Educazione Enrico Celio.

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