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Radio e Cultura

2. 1 La (Radio)diffusione della cultura

Con i mezzi della cultura tradizionale o con i nuovi mezzi di comunicazione di massa, con l’epigrafe e con la radioscena, con il testo scolastico e con il discorso pubblico amplificato dai mass-media, con il monumento e con i riti collettivi del tempo libero, si tratta di annettere la gente comune all’opinione che il fascismo non rappresenti un fortunato colpo di mano contrattato e sanzionato al vertice; ma lo sbocco genuino e necessario di una storia nazionale in cui – per la prima volta in tali proporzioni – il popolo tutto viene chiamato ad essere protagonista.

La lunga citazione con cui si apre questo capitolo è necessaria, in quanto rappresenta il perfetto riassunto di come il Fascismo desiderasse apparire agli occhi degli italiani: una naturale “evoluzione” della società che avrebbe migliorato la vita di tutti e interessato tutti i campi, cultura ed educazione comprese. Ponendo come data “spartiacque” l’istituzione dell’Ente Radio Rurale (1933), si può osservare l’applicazione di questo principio nella programmazione radiofonica: analizzando le trasmissioni posteriori a quella data le diversità di contenuto rispetto ai primi programmi per l’infanzia appaiono molto evidenti.

Vennero realizzati infatti sceneggiati radiofonici con lo scopo di rievocare momenti della storia italiana, riducendola però ad aneddoto o a leggenda, quando non ci si abbandonava a lodi spregiudicate a personaggi ed eventi che avevano fatto la storia del regime .

Si moltiplicarono poi le trasmissioni di visite guidate a caserme e fabbriche per documentare lo sforzo di modernizzazione del paese e dell’esercito, anche se il vero scopo di tali trasmissioni era quello di uniformare, appiattendo verso il basso, le conoscenze dei ragazzi e la funzione educatrice della scuola.

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